La scoliosi è una patologia complessa, risultante finale di una sindrome ad eziologia multifattoriale, che origina lontano dalla colonna coinvolgendo e influenzando i più importanti recettori a livello posturale, oltre che il Sistema Nervoso Centrale.
In queste situazioni, nelle quali cioè non se ne può determinare con certezza la causa, si parla di “scoliosi idiopatica“.
Se da un lato gli studi non sono serviti a risalire ad una causa scatenante ben precisa, dall’altro sono serviti a correggere la definizione, la visione e l’interpretazione della scoliosi.
In ogni caso la Scoliosi è definita classicamente una deviazione permanente laterale e rotatoria del rachide, in cui paradossalmente, la deviazione laterale, quella più evidente dal punto di vista visivo ed anche la più legata all’immaginario collettivo del paziente portatore di scoliosi, è la meno influente sotto il profilo posturale.
In tempi più recenti per la “scoliosi” si è assunta una definizione diversa quale: “una curva che si sviluppa nello spazio”.
Stando agli studi condotti da Perdriolle nel 1979, la scoliosi idiopatica andrebbe interpretata in forma tridimensionale e la componente laterale è l’esito, non il primo aspetto che compare.
Egli afferma che, Il primo fattore che si evidenzia in una scoliosi idiopatica è una estesa LORDOSI sul piano sagittale. Se per qualche motivo a questa componente si associa un movimento torsionale di una vertebra si innesca una condizione biomeccanica che induce una perturbazione dell’equilibrio della colonna e che può esitare in una scoliosi che si esprime lateralmente.
Una volta diagnosticata in un paziente giovane la presenza di una deviazione del rachide di natura idiopatica, a seconda della valutazione specialistica, si dovrà monitorare l’avanzare oppure no del disagio e contestualmente intervenire con:
A titolo informativo riporto di seguito e schematicamente la sede di rischio e il grado di peggioramento delle scoliosi:
Dallo schema che segue si può evincere con chiarezza, in relazione ai gradi diagnosticati e all’età, la percentuale e il rischio di peggioramento
Età (anni) | 10-12 | 13-15 | 16 | |
Curva (gradi) |
PEGGIORAMENTO |
|||
<20° |
25% | 10% | 0% | |
20°-30° |
60% | 40% | 10% | |
30°-60° |
90% | 70% | 30% | |
>60° |
100% | 90% | 70% |
ATTIVITÀ FISICA & SCOLIOSI
Prevenire e correggere quelli che sono gli atteggiamenti e le patologie dell’apparato osteo-articolare e locomotore è lo scopo principale della pratica di qualsivoglia attività motoria.
È risaputo che un’errata postura crea nei soggetti squilibrio di tono e di adattamento tra i gruppi muscolari con conseguente errato allineamento dei segmenti articolari modificando così i rapporti biomeccanici tra di loro. La pratica regolare di attività fisica è particolarmente indicata nei casi di scoliosi lieve o moderata.
Detta pratica aiuta a costruire un corsetto neuro-muscolare per offrire un maggiore controllo ed una migliore stabilità della colonna oltre che a creare automatismi riflessi di correzione da integrare nei movimenti globali. La ginnastica, i giochi di squadra e lo sport in genere, ammesso che ci si ricordi di monitorare sempre l’evoluzione del disagio diagnosticato in origine, sono di grande aiuto.
Si ricordi comunque che tra gli sport, quando si parla di scoliosi, è sbagliato considerare il nuoto o qualunque altro sport come mezzo primario di cura e prevenzione.
Quanto alle attività svolte in acqua, alla luce delle conoscenze attuali, gli sport di carico hanno effetti benefici di gran lunga superiori al nuoto ed, In particolari situazioni, tale sport può risultare addirittura controproducente.
Sia le attività agonistiche come pure quelle amatoriali “mobilizzanti” il rachide, rendono la colonna più facilmente deformabile perché rendono il sistema più flessibile.
Fabio Zaina, fisiatra dell’Isico, (Istituto Scientifico Italiano Colonna), tra gli autori della ricerca “Swimming is not a scoliosis treatment: a controlled cross-sectional survey”, afferma che “Il nuoto non cura la scoliosi, anzi in molti casi può rivelarsi negativo e rischia di indurre il mal di schiena”. L’affermazione è il risultato sorprendente di una ricerca condotta su un vasto campione di nuotatori agonisti e amatoriali.
Il nuoto, è risaputo, allena soprattutto la muscolatura degli arti, essendo praticato in scarico, non la schiena.
Per chi ha la scoliosi, pertanto la pratica del nuoto è decisamente sconsigliata e non si fa distinzione neanche tra i vari stili: la rana e il delfino ad esempio, possono addirittura aumentare il mal di schiena nei casi di spondilolistesi, nel caso cioè in cui le vertebre scivolino una sull’altra.
Se però, il nuoto lo si pratica a livello amatoriale un paio di volte a settimana non crea problemi affiancato alla pratica di ginnastica medica correttiva e specifica orientata all’allungamento muscolare, al recupero della simmetria e della stabilizzazione.
Nella ginnastica medica, è importante portare il soggetto alla consapevolezza del risultato che si vuole ottenere e, ruolo fondamentale riveste la respirazione, perché tutte le alterazioni del tronco comportano un’insufficienza respiratoria o una alterazione degli atti respiratori.
La condivisione delle scelte e degli obiettivi terapeutici con la famiglia ed il piccolo paziente, favorisce inoltre l’adesione al progetto di trattamento, unico elemento in grado di garantire il raggiungimento del migliore risultato possibile alla fine della crescita
Alcuni esercizi, tra quelli del protocollo PILATES, possono risultare utili, se ben guidati, alla correzione di una scoliosi. Come è noto, il PILATES può definirsi la ginnastica posturale per eccellenza, in essa riveste un ruolo importante la consapevolezza durante l’esecuzione degli esercizi e la respirazione che, a differenza di altre attività, qui riveste il ruolo di “mezzo”. Durante l’esecuzione degli esercizi guidati, Infatti, possono essere coinvolti diversi distretti muscolari di fascia profonda a seconda che, nello stesso esercizio, si esegua un atto inspiratorio oppure espiratorio.
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